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lunedì, Maggio 19, 2025

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La preghiera laica del maggio appenninico

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Non posso di certo sempre discettare sui massimi sistemi e anche io ho la necessità primordiale di avere leggerezza anche se poi mi perdo per strada e torno sempre sui massimi sistemi da me citati.

Nel mondo occidentale la vita è tarata solo sul profitto e sul lavoro e si è perso quel sentimento romantico di assaporare la vita nella sua semplicità che spesso è di facciata.

Parafrasando Massimo D’Azeglio il romanticismo è l’educazione al bello attraverso il sentimento.

Ora, se da una parte gli antichi cinici greci che avevano in Diogene di Alicarnasso il massimo cultore di un modo di vivere evitando le cose inutili, dall’altra i grandi mistici Sufi dell’Islam hanno sempre auspicato che per vivere bene bisognava eliminare il superfluo.

Missione impossibile in un mondo che va di fretta e dove si vive di apparenze.

Ma se si ha la forza e il coraggio di riflettere su cosa ci attende tra la vita e la morte cercando di riempire al meglio lo spazio intermedio tra questi due eventi, ci si accorge che forse è necessario anche un momento di riflessione per riscoprire i valori certi di una vita terrena che vale la pena di vivere.

Sarà forse che in questi giorni ho perso un caro e conosciutissimo amico e collega di 57 anni in modo inaspettato e – al di là del dolore mal digerito e che ancora si dovrà perfezionare con il tempo – ho riflettuto sulla mia data di scadenza cercando di vedere la vita con occhi rinnovati e pensando a lui che non c’è più nel dolore dignitoso dei stretti congiunti che hanno fatto loro il detto di Seneca che lieve è il dolore che parla. Il grande dolore è muto.

Ora, se Schopenhauer ebbe ad affermare che la vita è un pendolo che oscilla tra dolore e noia esaltando il suo lato auto distruttivo, ciò non significa che per certi aspetti non avesse ragione.

Rimane, quindi, il problema centrale di tarare la vita stessa al meglio senza tanti scombussolamenti perché dalla mattina alla sera possiamo non esserci più e nessuno ne tiene a mente.

In pratica vivere senza tante rotture di scatole, per non usare altro termine più volgare.

Allora come si fa?

Ognuno riempie la sua vita come meglio gli aggrada dando valore a cose che per altre persone posso essere vacue e viceversa, ma rimane indubbio che osservare il bello sia il minimo comun denominatore di tutti.

Come, ad esempio, il maggio nei nostri appennini e nelle nostre meravigliose campagne umbre.

Chi ha avuto modo e, contestualmente, la sventura di leggermi in questi rocamboleschi editoriali che mi hanno permesso di diventare giornalista pubblicista, si sarà accorto della mia passione di fuggire nel nostro appennino alla ricerca di prati, di visuali sconfinate e di pievi appena ho tempo.

Maggio ha un suo valore tutto particolare ed è il mese dedicato alla Madonna laddove, sino a poco tempo fa, accadeva che nelle maestà rurali che hanno in due cipressi posti a lato delle stesse le sentinelle silenti dell’ascesi, si poteva incorrere in gruppi di donne avanti con l’età – gli uomini sono un po’ più sfuggenti e quindi meno riflessivi – che sgranavano il santo rosario il cui nome deriva dal fatto che si offrivano le rose appena sbocciate alla Madonna stessa.

Il trionfo è nel verde e dei fiori di montagna e si ricominciano a vedere armenti di bovini e rari di ovini governati da cani maremmani e pastori lenti.

In quest’ultimo caso poi, brucando prati freschi e fiori, i casari affermano che i pecorini di maggio hanno un sapore diverso e sono più profumati.

Si rivedono le processioni del santo del luogo portato a spalla da qualche confraternita in un perfetto mix di culti quasi pagani attualizzati alla religione cristiana, ma tutti tesi alla salvaguardia del raccolto sperando che non arrivi la grandine che distrugga tutto al pari dei numerosissimi cinghiali e il pericolo delle pale eoliche.

Il tutto condito da preti d’oltre mare che si sono dovuti adeguare alla tradizioni pastorizie de noantri studiando la vita del santo omaggiato.

I profumi sono di terra bagnata, di erba medica e del risveglio da inverni che sono lunghi, ma ahimè meno nevosi della mia infanzia e su tutto gioca un ruolo importante la luce che cambia di luminosità e che culmina nel solstizio d’estate e l’acqua odorosa di San Giovanni.

In sostanza maggio segna la fine del tempo brutto e il tempo dell’attesa al raccolto.

Il mese della speranza.

Così accade che si vedano persone camminare calme e lenti lungo strade non asfaltate o sedute sugli orli dei prati e scrutando l’infinito riappropriandosi del tempo della riflessione e ritrovare la sintonia con Dio per ringraziarlo della vita che ci è concessa.

Perché è questo che serve per superare le difficoltà quotidiane: la riflessione sulla caducità della vita per ammirare il Creato, sperando di vedere il mio amico vagare ridente lungo i prati del nostro appennino per esaltare la madre terra a cui si è ricongiunto sorridente.

Maggio è una preghiera laica.

L’elezione di Leone XIV, il Papato tra nuove sfide e continuità

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Avendo frequentato per tanti anni gli apparati ecclesiastici per motivi di fede e non di hobby, ho sempre avuto un occhio di riguardo a ciò che accedeva oltre Tevere e accompagnando il tutto con letture e riflessioni adeguate anche dal punto di vista teologico e ovviamente non capendoci nulla.

Prima che venisse eletto il Papa Statunitense ho avuto modo di interfacciarmi con persone di calibro mostruoso sia per preparazione storica – evangelica sia per la fede incrollabile e, quindi, invidiandoli per il loro sapere come ad esempio l’insigne costituzionalista professor Trabucco del Veneto che riesce a coniugare al meglio l’aspetto didattico con un sapere delle sacre scritture mostruoso.

Ed è logico che se dovessi prendere a parametro la sua scienza, non dovrei scrivere nemmeno una recensione su la Settimana Enigmistica per non fare una figura barbina a motivo del quale mi attengo a pochi ed empirici fatti che sembrano sotto gli occhi di tutti.

Le considerazioni da svolgere sono molteplici e hanno vari risvolti, ma non mi avventuro ad essere vaticanista perché da una parte non sono in grado e dall’altra perché i grandi specialisti della materia hanno anche questa volta toppato sul nome del nuovo Pontefice.

Innegabile che la grande stampa italiana abbia sponsorizzato principalmente il cardinale Zuppi affibbiandogli l’ipotesi di discepolo prediletto di papa Bergoglio e, dall’altra, l’ammirazione per quel suo modo spiccio di trattare le cose perché bolognese, diventando il totem di una sinistra cattolica che risulta un ossimoro.

Tutti hanno sponsorizzato la grande battaglia tra chi voleva un ritorno alla tradizione e chi un rinnovamento della Chiesa in chiave progressista e andando a ricalcare malamente la eterna diatriba conflittuale tra destra e sinistra e non parlando nessuno di fede se non il professor Trabucco citato e altri pochi eletti.

Bizzarre sono le ipotesi che si sono succedute ante conclave e post conclave dove i grandi giornalisti si stanno divertendo a dare interpretazioni e previsioni che ricalcano il flop previsionale sul nome del nuovo Papa dimenticando che non si saprà mai cosa sia accaduto all’interno della Cappella Sistina perché i cardinali hanno prestato giuramento di segretezza.

Ed è giusto così.

Personalmente facevo il tifo per un Papa restauratore, quasi da ancièn regime, per rifondare quella Chiesa che ha avuto in Bergoglio la summa di una laicizzazione devastante della Chiesa stessa con il nulla teologico e tanto di politico a motivo del quale adorato dalla sinistra che non sa neanche cosa siano i Vangeli apocrifi.

Eletto invece uno Statunitense spiazzando – come giusto – tutti.

Già dal giorno dopo i giornali hanno cominciato a parlare di continuità con il papato bergogliano, ma io non ne sono tanto sicuro dal momento che – da piccoli fatti che sembrano insignificanti e invece sono portanti – già la scelta del nome di Leone XIV significa tante cose.

Il nuovo Papa è un agostiniano, cioè appartenente ad un ordine che si rifà al forse più grande teologo della Chiesa che è sant’Agostino e seguito a brevissima distanza da san Tommaso d’Aquino, quest’ultimo portavoce del coniugare aristotelismo con il Vangelo e sfociando – appunto – nel tomismo che di fatto regna attualmente la Chiesa anche se appare – soprattutto dopo lo scellerato Concilio Vaticano II – che l’aristotelismo sia stato sostituito con il marxismo, sfociando tutto nel ridicolo teologico.

Per certi aspetti mi sono sbellicato dalla risate quando leggevo che i cardinali dovessero essere illuminati dallo Spirito Santo per effettuare la scelta migliore quando in realtà anche in Conclave si presume che ci sia stato un ruolo solo politico di alleanze e contro alleanze per la divisione del potere.

Ed è venuto fuori questo qui che vedremo se riporterà Cristo al centro della Fede.

Questo perché papa Bergoglio si è rivolto più ai laici – se non addirittura agli atei – lasciando indietro i credenti che hanno aspettato inutilmente risposte evangeliche che sono mancate clamorosamente, venendo quindi definito l’anti papa per eccellenza da quest’ultimi e non frequentando quindi più le parrocchie gestite – di fatto – da preti tramutati in assistenti sociali.

Ho personalmente il sentore che questo nuovo Papa ci potrà sorprendere per rinnovare la Chiesa nel segno della tradizione e ciò lo si desume dalla scelta del nome che si rifà a Leone XIII che promulgò due encicliche formidabili: Aeterni Patris, squisitamente teologica e la formidabile Rerum Novarum, in assoluto la prima enciclica sociale di un Papa.

La potenza di quest’ultima consiste che papa Leone XIII nel 1891 analizzò l’ideologia marxista e socialista e il capitalismo sfrenato, demolendole entrambi come è giusto che fosse per rimettere al centro della questione Cristo, non le teorie simil economiche come ha fatto il Papa delle pampas.

Come affermava Ratzinger, che si è rivelato un profeta, la Chiesa sarebbe stata destinata ad essere per pochi iniziati e catacombale ma molto più solida e per pochi eletti in Cristo, augurandosi in cuor suo che ci fosse sul soglio di Pietro un Papa che continuasse, nel solco della tradizione, la costruzione della Chiesa sulla pietra d’angolo anziché a Santa Marta che è simbolo di una semplicità di facciata per gli stolti dato che la Chiesa non paga tasse governative italiane.

Ne emerge che forse, con il Papa statunitense, ci sia questa indicazione di riportare la riflessione teologica al centro del papato per dare risposte ai veri fedeli che si sono sentiti smarriti con il pontificato di Bergoglio interrompendo quell’opera di demolizione cominciata da quest’ultimo a facendola assurgere – speriamo temporaneamente – ad organismo laico per la gioia dei sinistri de noantri.

Di converso, la auspicata restaurazione, potrebbe comportare il distacco da politiche sociali italiane e per tale motivo invisa alla sinistra che si è scoperta teologica solo quando si parla di immigrazione non per il dolore del distacco dalla loro terra di questo derelitti, quanto per avere un bacino elettorale più grande.

Le energie di maggio 2025 con i tarocchi astrologici di Astrid

Con i tarocchi della strega Astrid vedremo le previsioni e le energie di maggio 2025.

La fine del regime, Alexander Baunov e la Russia di Putin

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In Italia è recentemente uscito il caso editorale dell’anno in Russia. Libro che ha cambiato, tanto all’estero quanto in patria, la concezione e la vita di tante persone, autore compreso. Il libro in questione è “La fine del regime. La caduta di tre dittature europee e il destino della Russia di Putin” di Alexander Baunov, edito in Italia dalla Silvio Berlusconi editore.

L’autore, russo di Yaroslav, una delle città della Russia storica, è filologo dell’antichità di formazione, ma specialista di politica internazionale ed ex diplomatico russo di professione, avendo prestato servizio all’ambasciata russa di Atene. Giornalista apprezzato in patria, fino al 2022, e all’estero, dove vanta collaborazioni con The New York Times, il Financial Times e The Wall Street Journal. Mosso dall’interesse verso la politica dal 2019, come riporta l’autore stesso nella premessa, inizia a lavorare all’idea di un libro sulle dittature nell’Europa del secondo dopoguerra. La ricerca si concentra, ovviamente, sulla Spagna e Francisco Franco, sul Portogallo e Salazar e sulla Grecia dei colonnelli. Dei regimi vengono illustrate le origini, le contraddizioni derivanti dai caratteri e dalle azioni dei vari leader.

A un certo punto, però, compare una quarta autocrazia, la Russia putiniana, che viene letta in parallelo ai vari regimi europei, evidenziando le differenze e le similitudini e prospettando, sulla base degli esempi spagnoli e portoghesi, i possibili sviluppi della Russia dopo Putin. Proprio questo elemento ha portato il libro, pubblicato in Russia nel gennaio 2023, ad essere il più venduto, ma anche il più osteggiato dalle autorità locali, con confische e chiusure delle librerie, fino a far diventare l’autore persona non gradita e costringerlo all’esilio. Il libro, quindi, non tratta solo argomenti di politica e storia, ma è anche testimone vivo di cosa voglia dire abitare, lavorare ed essere un intellettuale in un’autocrazia. Non a caso è stato pubblicato, come già riportato sopra, dalla casa editrice che si fa portatrice di valori liberali e che ha creato una collana dedicata al pensiero e ai valori liberali.

Il libro è imponente, 626 pagine, ed è pesante nel vero senso della parola, per leggerlo agevolmente serve un supporto, altrimenti il polso fatica. Al netto di questo, però, è una lettura piacevole, certamente aiuta lo stile vivace dell’autore, e che riporta tanti aneddoti e analizza processi e momenti storici che difficilmente si conoscono. Se siete interessati all’argomenti il consiglio è, quindi, quello di recuperare questo testo fresco di stampa.

Quale Papa e quale Chiesa dopo Francesco

Con la morte di papa Francesco si aprirà il conclave il prossimo 7 maggio e tutta l’opinione pubblica è ovviamente in fermento per sapere chi sarà colui che siederà sul trono di Pietro.

Appartengo a quella nutrita schiera di persone che non ha amato papa Francesco, che mi è sembrato più un amministratore delegato di una organizzazione di beneficenza prezzolata che colui che ha sviscerato il mistero petrino dal momento che non ha assolutamente affrontato il pontificato con gli aspetti teologici che, invece, gli sarebbero stati propri.

Ha nominato ben 108 cardinali su 135 (i restanti nominati da Ratzinger) e questo non depone a favore di un cambiamento di rotta di politica vaticana che sarà tarata solo sull’aspetto sociale, andando a ricalcare la via maestra che ha nella ideologia quasi marxista quell’humus ritenuto necessario per la sopravvivenza della Chiesa stessa.

Non per nulla questo Papa (pace all’anima sua) è stato adorato dai sinistri in maniera incondizionata al punto di andare a perdonargli anche uscite del cavolo come quella della troppa frociaggine nei seminari.

Ratzinger, per molto meno e dopo il discorso di Ratisbona, è stato crocefisso e quasi costretto alla rinuncia al soglio petrino ma tant’è.

Quindi partendo da questo assunto che la stragrande maggioranza dei cardinali è di nomina di papa Francesco, non credo che ci sia la possibilità che venga eletto Papa un “restauratore” perché non ci sono i numeri.

Ma spero di sbagliarmi.

I devoti, quelli non politicizzati sia di destra che di sinistra per opposti e ovvi motivi, si stanno ritrovando senza una guida vera spirituale di un apparato complesso che non deve andarsi a sovrapporre al potere statale, mentre è stato così, spiazzando tutti quelli che volevano uno Stato laico con due poteri ben distinti.

In realtà la richiesta sempre cercata della sinistra di avere due poteri divisi è naufragata amaramente con papa Francesco che ha attuato una politica sociale e non evangelica autoreferenziale e scambiata di sinistra solo perché parlava – almeno quello – in modo schietto, ma è altrettanto vero che non ha trasmesso nessun massaggio di fede come, invece, doveva essere.

Il male che attanaglia la Chiesa nasce dal Concilio Vaticano II in cui la Chiesa stessa si rinnovò e affacciandosi alla politica sociale con relativo sdoganamento delle teologia della liberazione, da cosa ancora non si e’è capito.

San Pio X nel 1907 emanò la Enciclica “Pascendi Dominici Gregis” contro il modernismo della Chiesa (nel 1907!), risultando un profeta inascoltato al pari e per altri motivi di Pier Paolo Pasolini, entrambi visionari.

Questo significa ciò che il magnifico papa Benedetto XVI Ratzinger aveva previsto tra le tante cose poi rivelatesi esatte e cioè da una parte la trasformazione dei preti in assistenti sociali e dall’altra il destino delle Chiesa stessa di ritornare alla fase iniziale di pochi fedeli riuniti nelle catacombe.

E la strada sembra segnata perché Bergoglio di fatto ha smantellato l’intero sistema basato sulla fede in Cristo e per Cristo a favore di una politica sociale simil marxista che, invece, è una teoria economica disastrosa.

In tanti sognano la restaurazione di una Chiesa per pochi fedeli eletti con la nomina di un Papa conservatore, ma ho il legittimo sospetto che ciò non accadrà perché – come detto – i numeri non depongo a favore e i giornali italiani più blasonati augurano la elezione di un Papa che segni la continuità con quello morto da pochi giorni.

E sul punto sembra che un Parolin o Zuppi siano i favoriti rispetto all’ultraconservatore cardinale Sarah della Guinea che in confronto Ratzinger sembra Fabrizio Corona.

Per quanto mi riguarda e per provocazione, spero che vinca il fronte progressista per continuare quell’opera di demolizione iniziata da Bergoglio e che non ha saputo fare argine all’avanzare dell’Islam anche in casa nostra e vi dico anche perché.

Perché l’idea di Dio non può essere oggetto di trattative di mercanti indegni, ma per i pochi eletti che hanno Cristo nel cuore e quindi al di fuori della politica sia di destra che di sinistra.

Rimarrebbero pochi fedeli, ma forti nel loro Credo e da lì partirebbe il vero rinnovamento della Chiesa, dopo la sua demolizione.

Aveva quindi ragione Julius Evola: rimanere in piedi in un mondo di rovine.

Giorgia Meloni: una leader storica per l’Italia

Giorgia Meloni ha rapidamente guadagnato un importante riconoscimento nel panorama politico internazionale, raggiungendo il terzo posto nella classifica delle donne più potenti del mondo pubblicata da Forbes. Totaro la descrive come una donna determinata e preparata, che ha sempre mantenuto coerenza nelle sue politiche e nelle sue promesse. “In un contesto politico intricato, gli italiani hanno trovato in lei un punto di riferimento affidabile,” afferma Totaro. Questo consenso crescente ha portato Meloni a diventare leader del governo italiano.

Nonostante i riconoscimenti, il governo di Meloni si trova ad affrontare numerose controversie, incluse questioni relative all’immigrazione e le critiche per il trattamento dei migranti. Tuttavia, la crescente popolarità del suo partito dimostra che molti italiani apprezzano la sua ferma posizione contro il traffico di esseri umani.

Joanna Longawa con il Senatore Achille Totaro

“Meloni non è una leader anti-europea, ma chiede un’Europa meno burocratica, in grado di rispettare le diversità nazionali,” sottolinea Totaro. La sua figura è stata etichettata dalla stampa internazionale come “pericolosa” e “la leader più popolare in Europa”, ma secondo Totaro, Meloni sta cercando di tracciare un equilibrio tra le sue relazioni con gli Stati Uniti e le esigenze dell’Unione Europea. Come leader di una coalizione di centrodestra, Giorgia Meloni si sforza di mantenere un equilibrio tra il deciso supporto per l’Ucraina e le strette relazioni con Donald Trump, che ha un approccio diverso al conflitto ucraino rispetto alla maggior parte dei leader europei. Questa situazione la pone in una posizione difficile, poiché deve bilanciare la lealtà verso i conservatori americani con la necessità di preservare l’unità dell’Occidente.

Achille Totaro rivela che Meloni ha un carattere forte e un approccio onesto alla politica, qualità che l’hanno aiutata a guadagnarsi la fiducia degli italiani. La sua determinazione e impegno si riflettono nel suo libro autobiografico Io sono Giorgia. Le mie radici. Le mie idee (Rizzoli), dove racconta le sue esperienze e la sua vita.

Il senatore conclude affermando che, nonostante le sfide economiche e sociali che l’Italia deve affrontare, è fiducioso che il governo di Meloni porterà a cambiamenti positivi. “La sua leadership è una garanzia per il nostro paese. Se qualcuno non adempie ai propri doveri, Giorgia lo farà sapere,” dice, enfatizzando il suo impegno per il bene della nazione.

Con i problemi energetici, l’elevato debito pubblico e le sfide nel mercato del lavoro che rappresentano ancora una minaccia, il governo Meloni dovrà operare con decisione per migliorare la qualità della vita degli italiani. L’approccio del centrodestra si concentra sulla sicurezza, la libertà e il rispetto della legge, posizionandola come un’alleata per un futuro più sicuro e prospero.

Cammini, vie e itinerari di pellegrinaggio nell’anno del Giubileo

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Si è tenuto, presso la Sala della Vaccara di Palazzo dei Priori, lo scorso 17 aprile un convegno dal titolo “Umbria, terra di cammini, vie ed itinerari. Prospettive e strategie”. L’evento, organizzato dal Dipartimento attività ed iniziative editoriali di Fratelli d’Italia, prevedeva la relazione di Jacopo Caucci von Saucken, professore di Lingua e letteratura spagnola presso l’Università degli studi di Firenze e membro del Centro Italiano Studi Compostellani.

La conferenza ha preso il via con il delineare le categorie di cammini, vie ed itinerari, confusi nell’immaginario collettivo, ma completamente diversi gli uni dagli altri. Il discorso si è, poi, articolato sulla descrizione di quello che è il cammino per antonomasia, ovvero, quello verso Santiago de Compostella. Utilizzando sia aneddoti personali, come quello della prima percorrenza del cammino con il padre nel 1984, sia nozione storiche il professore ha illustrato come la ripresa di questo pellegrinaggio, a partire dagli anni Novanta dello scorso secolo, sia corrisposto alla rinascita dei centri attraversati dai pellegrini e di come le istituzione, locali e nazionali, si siano messe all’opera per valorizzare questo patrimonio.

Il confronto è venuto quasi spontaneo con l’Italia, che a sua volta abbonda di cammini, ma slegati gli uni dagli altri, senza una direzione e che invece di portare turisti e migliorare l’economia delle zone interne l’affossano, sia per poca lungimiranza delle amministrazioni locali sia per quella di albergatori e ristoratori. Caucci von Saucken evidenzia, infatti, come il governo spagnolo abbia creato un comitato, unico e unitario, che sovrintende a tutta l’organizzazione e all’utilizzo dei fondi, tanto spagnoli quanto europei, e che i commercianti nei borghi attraversati applichino prezzi fissi e calmierati per i pellegrini, in modo tale che il pellegrino spenda, al massimo, trenta euro al giorno per vitto e alloggio, a differenza di alcune vie in Italia dove solo cinquanta euro servono per l’alloggio.

Il professore ha, quindi, posto un quesito alla platea e, indirettamente un invito, alle amministrazioni pubbliche umbre cosa fare per valorizzare i cammini, le vie e gli itinerari che abbondano in Umbria. La risposta è implicita, copiare il modello spagnolo, superando le bandiere degli schieramenti politici per valorizzare il patrimonio culturale e paesaggistico della regione. A questo va aggiunto un punto, non è solo valorizzazione del patrimonio culturale, ma è un’occasione di risollevare l’economia umbra, altalenante negli ultimi anni, e di far riprendere quelle zone definite interne e in via di spopolamento.

È necessario, quindi, un cambiamento strutturale, un’impostazione seria e fattiva, altrimenti si rischia di perdere occasione importanti come quella del Giubileo, toppato clamorosamente dalle amministrazioni comunali, si pensi al capolugo di regione, Perugia, che non ha messo in campo un piano turistico in grado di attirare pellegrini, non solo da Roma, ma neanche dalla vicina Assisi, e neanche un piano di accoglienza, ma ci si è limitati a nominare un consigliere comunale a delegato per il Giubileo, azione che da sola non basta a coprire tutte le esigenze che eventi di questo valore comportano. Sperando che si prenda la strada giusta per la valorizzazione di cammini, vie ed itinerari.

Violenza sulle donne, l’utilità dei centri antiviolenza

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I femminicidi di Sara Campanella e Ilaria Sula hanno ancora una volta scosso l’Italia. Entrambe le ragazze avevano poco più di vent’anni ed entrambe, anche questa volta, strappate alla vita da due carnefici che affermavano di provare qualcosa. Da Bacoli, in provincia di Napoli, c’è inoltre il brutto episodio di Gaia Caputo, picchiata brutalmente dal suo ex marito.

Si torna a parlare di aiuti, di prevenzioni e di come si possono evitare questi drammi. I centri antiviolenza danno supporto proprio su questi aspetti anche se, secondo Gabriella Notorio, le funzioni di questi enti ancora non sono completamente chiare. Lei è sociologa e criminologa nonché presidente dell’associazione “Frida Kahlo: la città delle pari opportunità” e dello sportello antiviolenza “Le porte di Frida”.

Gabriella Notorio; sociologa e criminologa

In un lungo post pubblicato sulla sua pagina Facebook, la dr.ssa Notorio chiarisce alcuni punti che riguardano i centri antiviolenza e la loro utilità in una fase preliminare. Riguardo questo terrificante problema la prevenzione è un concetto fondamentale.

Da operatrice dell’ antiviolenza oggi mi sento sconfitta da chi in pubblica televisione, alla richiesta del perché chiamare il 1522 e soprattutto sul perché rivolgersi ad un centro antiviolenza non abbia saputo spiegare la rete di protezione attivata, generando solo una confusione in chi ascoltava.  

Sento l’esigenza di spiegarlo. Nei centri antiviolenza le vittime o chi si riconosce vittima e pensa di esserlo in primis viene aiutata a capire cosa sta succedendo. Se si tratta di violenza oppure no. Nei centri antiviolenza non è che si va a parlare con femministe che sono odiatrici degli uomini.

Si va a parlare con professioniste esperte che hanno un titolo di studio ed un’ esperienza qualificata sulla violenza: avvocate, psicologhe, sociologhe, operatrici. Professioniste in grado di attivare il giusto supporto di assistenza psicologica e legale. I centri antiviolenza prendono in carico le donne ed attivano la rete di supporto successiva in caso di denuncia e supportano legalmente le donne nei tribunali. Le donne non restano sole.

Il centro antiviolenza si occupa anche di autonomia, formazione ed orientamento al lavoro se sussiste violenza anche economica. È questo quello che si deve dire! Altrimenti non si capisce di tutto quello che ogni giorno affrontiamo anche noi nel rischio generale di trovarci davanti un uomo pericoloso e violento per tutti.

Esistono tante misure e provvedimenti che si possono chiedere per tutelare le vittime. Non solo il braccialetto. Va fatta chiarezza. Va detto. Si deve dire con forza che rivolgersi ai centri antiviolenza salva la vita a tantissime donne. Non so quanti femminicidi avremmo avuto a Napoli negli ultimi tre anni senza la rete dei centri antiviolenza“.

L’attesa della Pasqua tra sacro e profano

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Pensando che vi sareste preoccupati della eventuale circostanza che non avrei detto la mia sulla settimana santa, ho pensato al meglio di scrivere alcune considerazioni ricollegandomi a quanto già scritto lo scorso anno.

In ognuno di noi alberga sicuramente un spiritualità che viene spesso compressa se non soppressa dal vortice di una vita accelerata perché il sistema capitalistico dei consumi, a cui fa da contraltare gli stipendi bloccati dalla seconda guerra punica, che non permette rallentamenti di sorta alla produzione a scapito della riflessione.

La penalizzazione dello spirito comporta che non cresciamo o – quanto meno – non ci facciamo gli anticorpi se poi, nelle feste comandate religiose, dovessimo trovarci avanti a qualcosa di metafisico con cui confrontarci per la riflessione non cercata per carenza di tempo.

Ne consegue che perde valore sia il Natale sia la Pasqua.

Nell’eterno dilemma teologico se sia più importante la nascita di Cristo o la sua resurrezione si è perso oggi il significato escatologico di due date basilari per la fede in un processo di laicizzazione mortificante del proprio io.

A questo si contrappone la fede nell’islam che lascia pochi spazi vitali ai laici e per questo spesso perseguitati se non seguono i precetti del Corano, venendo ostracizzati dal resto della comunità di credenti in tale religione in considerazione che, mentre le nostre Sacre Scritture si basano solo sulla teologia, il Corano è anche un documento politico che culmina nella sharia e il rispetto della sunna, cioè dei precetti del Corano stesso.

Ne consegue – agli occhi di molti – che la fede nell’islam sia più forte rispetto a quella più malleabile de noantri quando in realtà viene imposta.

Le grandi religioni abramitiche, infatti, partono solo da un unico presupposto e poi sono i teologi che la modulano in base al desiderio di controllare le masse.

Ma se per noi cristiani tutto viene tarato sul concetto del peccato, dall’altro nelle altre due, l’islam e l’ebraismo, tutto si riconduce ad una forte introspezione interiore che poi viene modulata non tanto in funzione della ricerca dell’unica verità quanto per modulare anche la vita quotidiana dal punto di vista sociale.

Il libero arbitrio che il buon Dio ci ha donato se da una parte ci ha dato la possibilità di svincolarci dai precetti evangelici, dall’altra ci ha condannati all’oblio spirituale salvo quei pochi santi che oggi verrebbero additati come matti da chi non capisce o non vuole capire.

Se quindi al libero arbitrio ci si aggiunge il sistema capitalistico che ha bisogno di creare persone insoddisfatte e desiderose di acquisti inutili, come sul punto tuonava Pier Paolo Pasolini, si capisce bene che si è evangelicamente sull’orlo del baratro.

Ma anche questa è una questione relativa dal momento che i non credenti o gli atei – vedete voi – vedono in questa spersonalizzazione del mistero divino come un punto di arrivo della loro libertà interiore.

Salvo poi, con estrema incoerenza, festeggiare il Natale o la Pasqua che dovrebbero avversare perché imposta da un sistema in cui non credono e credendo amaramente nella società dei consumi.

Questo perché nella società di oggi sono rare le persone che dedicano il loro tempo alla meditazione consistente nella preghiera per carenza di tempo e non ricordandosi nemmeno il Padre nostro, perso nell’oblìo della nostra infanzia.

Ne consegue quindi che si festeggia anche la santa Pasqua sull’orlo delle tavole imbandite e delle gite fuori porta e partecipando, a mo’ distrazione e non di devozione, alle numerose processioni del Venerdì Santo pubblicizzate al pari di un evento nei centri commerciali.

In questo processo di spettacolarizzazione di ogni cosa per riaffermare una presenza maldestra nella società si erge sui social, a totem della santa Pasqua,la pizza al formaggio e i salami di vecchi contadini al pari dei cappelletti fatti in casa per il Natale in un continuo antagonismo degli utenti dei social stessi che sfocia poi, il giorno di Pasqua , in una maldestra gara di rutti controllati.

Tutto confluisce in una burinaggine mortificante per il cittadino che si atteggia a custode delle tradizioni rurali solo per l’assemblaggio delle pizze di Pasqua e tralasciando il vero motivo per cui si dovrebbe festeggiare la Resurrezione.

Alceo poeta greco antico, vissuto tra il VII e il VI secolo a. C., è sempre stato considerato unitamente a Saffo uno dei maggiori poeti ellenistici, ma era anche un pragmatico sociologo dal momento che vedeva nella città il concetto del collettivo in funzione della comunità e nelle campagne l’essenza dell’individuo in funzione del raccolto, il suo.

Individuo che perde identità e assumendo un ruolo di numero statistico nel momento dell’abbandono delle campagne quando si trasferisce in città.

Il problema è che, trasferendosi, non si fa portavoce delle tradizioni culturali rurali che sono intrise anche di fede rozza, ma sincera e quindi andando a perdere quell’identità fatta di saggezza e di riti ancestrali come le processioni.

Non sono come novelli Enea che portano sulle spalle Anchise, simbolo del sapere antico.

La salvaguardia quindi del mondo dei credenti è nell’auspicata non scomparsa del mondo rurale appenninico dove i tempi sono scanditi dal tempo e dagli animali da custodire a motivo del quale sant’Antonio Abate è assurto a salvaguardia del bestiame e spesso anche dei raccolti.

E le feste religiose, nelle nostre frazioni appenniniche, hanno ancora un valore forte e rimanendo baluardi di una fede che non vuole morire nonostante tanti cerchino di sopprimerla per farne degli omologati alienati.

Riccardo Bacchelli (1891-1985) nel suo splendido racconto Il mulino del Po, ebbe a cogliere quella sinergia contadina tra il lavoro dell’uomo e le stagioni arrivando ad affermare che l’agricoltura è l’arte di saper aspettare.

Forse è per questo, il tempo dell’attesa, che il contadino o l’allevatore aspetta con trepidazione la Pasqua perché di fatto rimane l’unico custode del tempo.

Anche dello spirito.

Marina Lumento: un ponte tra generazioni nel cyberspazio

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Marina Lumento è una scrittrice e professionista di spicco, la cui carriera e le opere offrono una riflessione profonda sulle sfide che il mondo digitale presenta, specialmente per i giovani. Nata in Puglia e abruzzese d’adozione, Marina ha unito lauree in ingegneria informatica e psicologia clinica per affrontare tematiche cruciali dell’era contemporanea.

Abbiamo avuto l’opportunità di approfondire la visione di Marina, discutendo del suo impegno nell’educazione digitale dei giovani e delle sue opere letterarie. Durante la conversazione, Marina ha condiviso cosa l’ha spinta a scrivere libri per ragazzi sul tema del cyberspazio. La sua esperienza professionale nel campo della sicurezza informatica e la sua passione per la psicologia l’hanno portata a comprendere l’importanza di educare le nuove generazioni ad affrontare le sfide del mondo digitale in modo consapevole e responsabile.

Marina ha parlato del processo creativo dietro il suo libro “A spasso tra i pericoli del cyberspazio”, descrivendo come ha sviluppato i contenuti. Ha dedicato tempo alla ricerca, raccogliendo storie reali e informazioni sui rischi del cyberspazio, per rendere la narrazione informativa e coinvolgente per i lettori più giovani. Inoltre, ha discusso il significato dei premi ricevuti, come il Premio di Casa San Remo, evidenziando l’importanza di questi riconoscimenti come una validazione del suo lavoro e del suo impegno per la sicurezza digitale.

Un altro punto centrale della chiacchierata è stato il ruolo della letteratura nell’aiutare i giovani a navigare in modo più sicuro nel mondo digitale. Marina ha sottolineato che le storie possono educare e sensibilizzare i giovani ai valori della sicurezza e dell’etica digitale, offrendo modelli positivi di comportamento. Marina ha anche condiviso la sua esperienza di collaborazione con Alessandro Sigismondi, sottolineando come le diverse prospettive di entrambi abbiano arricchito il processo creativo, portando a storie che uniscono apprendimento e intrattenimento. Marina ha notato in quest’intervista che i giovani spesso sottovalutano i rischi online; pertanto, è fondamentale sviluppare una consapevolezza critica e insegnare loro come proteggere se stessi e i propri dati.

Marina Lumento emerge come un esempio di come è possibile coniugare competenze tecniche e umane per affrontare le sfide del nostro tempo. La sua carriera è un faro per molti, dimostrando che con passione, impegno e creatività, è possibile ispirare le generazioni future a navigare un mondo complesso con fiducia e responsabilità. La chiacchierata mette in luce non solo il contributo di Marina al panorama letterario e educativo, ma anche la crescente necessità di affrontare le sfide del cyberspazio con consapevolezza e innovazione.