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Guardare la natura e contemplare il bello

Il mantra degli ultimi tempi è il cambiamento climatico e la popolazione è equamente divisa tra chi ritiene che il riscaldamento globale sia dovuto all’alto consumo delle energie di derivazione fossile e chi imputa tale fatto alle macchie solari.

In mezzo gli scellerati complottisti che vedono nelle scie chimiche l’origine di tutti i mali.

Ora, non sta a me capire quale sia la soluzione della questione, ma certo è che, leggendo le fonti antiche, la ciclicità dei periodi caldi o freddi si sia verificato nel corso dei secoli senza che Greta fiatasse.

Intanto il problema è di carattere filologico.

Il mitico e irraggiungibile Marcello Veneziani afferma che – se riferito alla natura – non si possa parlare di ambiente e basta perché con tale parola si può definire anche un ambiente murario.

Quindi più giusto dire natura.

Fatto questo preambolo mi inserisco nel discorso dei nostri Verdi, cioè di coloro che dovrebbero salvaguardare il Creato da una modernità disarmante e mortificante.

I nostri Verdi hanno tutti la matrice di estrema sinistra e quindi – secondo me – sono contro l’implementazione di fabbriche, strade e svincoli non tanto per la tutela del paesaggio quanto perché la fabbrica è simbolo di un abbrutimento operaio a favore delle tasche dei padroni.

Discorso un po’ diverso è per quelle persone, anche di destra, che vedono nella natura un aspetto mistico del bello che deve essere tutelato non in quanto lotta all’abbrutimento sopra citato, quanto per il precipuo scopo della salvaguardia del paesaggio e dello sguardo su esso connesso al fine di avere belle emozioni.

In tutto ciò, come ho già avuto modo di scrivere, torno sulla questione delle pale eoliche che andranno a deturpare il paesaggio appenninico tra Gualdo Tadino, Nocera Umbra e Foligno, verso Colfiorito.

Ebbene, Legambiente della zona del Folignate è sostanzialmente a favore della posa in opera di dette pale eoliche e ne rimango inorridito e spiego perché.

Pacifico è che l’energia eolica sia, unitamente agli impianti di fotovoltaico, una energia alternativa che inquina meno, ma deturpa il paesaggio in maniera irreversibile a motivo del quale il rimedio è peggio dell’ipotetico danno dato che se non si tutela il bello paesaggistico mi domando a cosa servano le energie alternative.

Pale alte 180 metri – mi dicono – su basi in cemento armato di 20 metri per 20 metri e profonde 12 su punti nevralgici e ben individuati in appennino sulla base del piano energetico regionale – su indicazione della solita perfida Unione Europea a trazione tedesca – che ha studiato dove metterle in base ai venti che spirano.

Quindi in linea astratta un lavoro certosino che va solo a verificare lo sfruttamento dei venti stessi e declassando ad incidente di percorso lo sfruttamento del suolo in una analisi costi-ricavi solo per chi gestirà dette pale non ritenendo che poi in bolletta della luce al cittadino ci sia un vantaggio reale se non lo sconforto del massacro paesaggistico che sta per iniziare.

E Legambiente è a favore, pensate un po’

Questo accade perché i Verdi de noantri sono accecati da un preconcetto politico duro a morire e non capendo che la posa in opera delle pale eoliche, al di là dei mancati ipotetici benefici dell’utente finale, non è la pala eolica stessa, ma le ferite di nuove strade che saranno fatte per portarle sui siti perché lo ritengo difficile che vengano trasportate con giganteschi elicotteri.

E vedremo se dette ferite che defloreranno il nostro appennino, saranno riconvertite al verde per ovviare ad uno sguardo mortificato su un paesaggio rurale che suscita invidia in molti, ma su cui nessuno fa nulla proprio perché i miei compatrioti sbraitano sui social per due giorni e poi ritornano ad interessarsi di Fedez e della nuova compagna.

Sono tramontati i grandi ideali e svilita la tradizione rurale con un abbandono del romanticismo quasi neoimpressionista – per usare un termine pittorico – in favore di una logica del profitto a favore dei grandi gruppi industriali e con il sostanziale avallo di Legambiente che dimostra che ha capito ben poco di cosa significhi la salvaguardia della natura e preferendo pubblicizzare la raccolta di inerti e altro lungo i sentieri appenninici e sbandierandolo ai 4 venti sui social e su cui tutti abboccano compiacendosene.

In realtà si ritrova, detta Lega, ad essere omologata verso il basso e svilendo quella empatia catartica che si dovrebbe avere quando si cammina lungo qualche sentiero e ci si imbatte in pievi solitarie che sono le nostre fortezze Bastiani – per usare un eufemismo derivante da “il deserto dei Tartari” di Buzzati – come presìdi del bello ed incontaminato.

Ma se l’avallo arriva da Legambiente, tutti muti e allineati per ratificare quella omologazione deleteria a scapito anche di chi non vuole omologarsi dimenticando che la natura è un bene di tutti, non di Legambiente e basta.

È il trionfo del politicamente corretto che fa assurgere a modernità di facciata scelte scellerate a scapito di chi vede le pievi con quel sentimento di devozione non necessariamente religiosa, ma di salvaguardia della tradizione delle nostre genti.

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