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Arte e pedagogia, una chiacchierata con il critico d’arte Roberto Litta

“Civiltà molto più importanti della nostra sono scomparse, basti pensare all’Egitto, all’antica Grecia e Roma: c’è solo da capire quale generazione sarà chiamata a certificare questo evento epocale”

Lei è un critico d’arte, ma per l’appunto… l’arte nel 2023 ha ancora contenuti pedagogici?

“L’arte ha storicamente una funzione pedagogica: basti pensare alle opere del cipro e del fondo oro ravennate, gli inizi di Giotto, se pensiamo agli Scrovegni, dove le chiese venivano adornate di arte e affrescate per una platea di persone analfabete che potevano essere educate soltanto tramite la simbologia religiosa e/o mitica. L’arte sacra ha avuto una funzione pedagogica/educativa dai primi anni del medioevo fino al 1700”.

Il popolo italiano è consapevole solo superficialmente di appartenere ad una nazione che ha da sola circa il 50 % del patrimonio artistico mondiale. Essere un museo a cielo aperto non dovrebbe spronarci maggiormente alla ricerca delle nostre radici?

“Il fatto che nel nostro paese c’è il 50 % circa del patrimonio artistico mondiale, troppo spesso ci ha fatto adagiare sugli allori favorendo un pensiero debole, di incuria e cattiva conservazione. In realtà, in un’economia planetaria che si sta sempre più specializzando, dovremmo capire una volta per tutte che la valorizzazione del patrimonio e del turismo culturale sono elementi fondamentali anche per il rilancio dell’economia del nostro paese che ha sofferto enormemente questi due anni di pandemia. Attualmente stiamo lavorando con molto impegno per il 2024, anno del cosiddetto ‘turismo delle origini’ ovvero l’invito a tutti gli italiani di seconda o terza generazione, che sono circa 30 milioni nel mondo, di venire a passare le vacanze nel loro paese originario. A tal proposito stiamo lavorando ad una grande mostra sull’Andrea Doria e gli altri transatlantici e piroscafi che hanno portato il nome dell’Italia nel mondo”.

Nel suo ultimo libro ‘’Dieci racconti’’ ha affrontato il problema del bullismo, oramai un fenomeno dilagante tra le nuove generazioni. Quale è secondo lei la cura a questo problema?

“Nei miei dieci racconti illustrati per bambini ed adolescenti ho potuto toccare tra i vari temi anche quelli del bullismo. Il bullismo rappresenta un fenomeno speculare del sistema valoriale che è presente nella società: se in essa il prevaricatore, il furbo vengono visti come modelli da seguire è normale che molti giovani seguono questo taglio nel modo di relazionarsi in classe e nella vita in generale. Non scordiamoci pure del dramma socioeconomico impressionante che vivono le periferie delle nostre città, dove esiste una sorta di idolatria di certi personaggi che dal nulla ce l’hanno fatta in maniera poco onesta”.

In una società così frettolosa, così distratta, dove la religione non ha più quell’influenza di un tempo, l’arte può fungere da ponte verso l’eterno?

“Civiltà molto più importanti della nostra sono scomparse, basti pensare all’Egitto, all’antica Grecia e Roma. Io penso che la nostra civiltà, se così si può definire, sia destinata a scomparire: c’è solo da capire quale generazione sarà chiamata a certificare questo evento epocale. Senza dubbio le arti, l’architettura, la pittura, l’archeologia, la scultura, saranno li a testimoniare il passaggio del nostro tempo e permetteranno ai posteri di leggere quello che noi siamo stati. Temo che le guerre nucleari che potrebbero esserci in futuro lasceranno pochissime tracce di quello che siamo stati, cancellando centinaia di anni di storia. Per evitare la catastrofe bisogna iniziare a realizzare uno sviluppo sostenibile sincero, non fatto esclusivamente per sviluppare nuovi business, ma per rendere consapevoli le persone della cultura e del bene da fare per la nostra umanità tutta”.

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