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Cold Case – Wilma Montesi, da 70 anni una morte senza risposte

La donna venne trovata sulla spiaggia di Torvaianica l’11 aprile del 1953

Wilma Montesi, giovane ventunenne, viene ritrovata cadavere sabato 11 aprile 1953 sulla spiaggia di Torvaianica, tre giorni dopo la sua scomparsa.

La donna, nata nel 1932 in una famiglia di condizioni modeste, aveva preso parte, o come comparsa o con ruoli marginali, in diverse pellicole dell’epoca ed aspirava a diventare un’attrice, inoltre era fidanzata da tempo con un agente di polizia e i due avevano intenzioni di sposarsi.

Tutti la descrivevano come una ragazza molto bella, ma anche riservata e abitudinaria ed è proprio questo aspetto che insospettisce la madre, la quale dopo essere tornata dal cinema insieme a un’altra figlia, trova in casa i documenti e i gioielli regalati dal fidanzato a Wilma, che era solita indossare quando usciva a camminare.

La mattina dell’11 aprile, un manovale, Fortunato Bettini, mentre consumava la colazione lungo la spiaggia, nota un corpo riverso in posizione prona sulla battigia, con la testa in acqua e senza scarpe, calze e gonna.

Allertate le autorità e fatti i rilevamenti del caso, il corpo viene portato all’obitorio, dove, nonostante il cordone di forze dell’ordine che impedivano l’ingresso dei giornalisti, Fabrizio Menghini de Il Messaggero riesce ad entrare e a vedere il corpo così da farne una descrizione per il giornale del giorno successivo che permise al padre della vittima di scoprire la fine della figlia.

Iniziarono allora le indagini,che riuscirono a ricostruire l’ultimo giorno della donna.

La portiera del palazzo affermò di averla vista uscire di casa verso le 17.30, successivamente era stata avvistata alla stazione Termini mentre si recava a prendere il treno per Ostia intorno alle 18 e un edicolante di Ostia affermò di aver parlato e venduto una cartolina a una ragazza somigliante alla vittima dell’omicidio.

Nel frattempo completata l’autopsia la causa della morte era risultata un malore dopo aver mangiato un gelato ed essere entrata con i piedi in acqua che aveva provocato lo svenimento della donna e il conseguente annegamento.

L’ipotesi del bagno spiegava, quindi, come mai non fossero stati ritrovati indumenti come le calze, le scarpe e la gonna, inoltre, a causa delle correnti marine, era possibile che il corpo fosse stato trasportato da queste da Ostia a Torvaianica, distanti tra loro una ventina di chilometri.

Questo caso ebbe un impatto mediatico fortissimo, tutti i giornali d’Italia ne parlavano ed alcuni avanzavano anche delle ipotesi su chi potesse essere l’assassino e il motivo che lo aveva spinto ad agire.

Una svolta parve arrivare quando una donna, Adriana Bisaccia aveva raccontato al periodico Attualità di aver partecipato a un’orgia insieme a Wilma Montesi e che questa avesse assunto un enorme quantitativo di droga e di alcool e accusando un malore sarebbe stata portata sulla spiaggia, l’evento si svolgeva in una villa a Capocotta vicino al luogo di rinvenimento del cadavere, e lì abbandonata.

Questo articolo, nel quale venivano fatti nomi di importanti personaggi pubblici e politici, portò alla testimonianza di un’altra donna, Moneta Caglio, che aveva partecipato a questi eventi e alla ripresa delle indagini.

Indagini che si conclusero con l’arresto di Piero Piccioni, figlio di Attilio Piccioni, deputato della DC e ministro del Affari Esteri, del marchese Ugo Montagna e Saverio Polito, questore di Roma.

Il 20 giugno 1955 gli imputati vennero rinviati a giudizio e il 21 gennaio 1957 si aprì il dibattimento a Venezia che, però, non fece altro che constatare che tutti e tre gli imputati avevano degli alibi molto forti, alcuni si trovavano in altre zone d’Italia in quel periodo, e impossibilitati ad aver commesso l’omicidio, quindi il 28 maggio dello stesso anno vennero assolti da tutte le accuse.

Dopo questo si aprì un altro processo, quello per calunnia contro Adriana Bisaccia, Moneta Caglio e Silvano Muto, direttore della rivista Attualità, che si concluse con la condanna due anni per il giornalista, dieci mesi per Adriana Bisaccia e due anni per Moneta Caglio, lasciando irrisolto anche questo caso.

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