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La memoria corta e il monopolio del dolore

Il 27 gennaio si è celebrato il giorno della memoria per non dimenticare la Shoà.

È il giorno in cui i russi entrarono in Auschwitz, non gli statunitensi come vuole far credere il mondo del cinema, ma tant’è.

Ora non starò qui a parlare di cosa sia successo perché penso che sia oltremodo pacifico che tutti sappiano tutto.

Se ciò non bastasse poi ci sono i film che hanno dato testimonianza di tale orrore che va dal brutale Schindler’s List al poetico Arrivederci ragazzi di Louis Malle che per me rimane insuperabile, solo per citarne alcuni.

Il problema però è altro.

Agli ebrei sono 5.000 anni che gli rompono le palle (questione nata con gli antichi Egizi) e sinceramente tanto popolo eletto anche dal punto di vista teologico non mi sembra, semmai il contrario.

In Italia è una festa sentita e ognuno di noi ha in animo la speranza che non accada più una cosa del genere.

Sui social è un susseguirsi di frasi ad effetto, ma hanno la durata di un solo giorno dato che poi il 28 gennaio ricompaiono, come per magia, tette e sederi o addirittura Sanremo.

Sinceramente la ricorrenza, seppur doverosa, la ritengo uno spunto di inutili polemiche da entrambi le parti politiche che, nell’intimo, hanno ancora in odio gli ebrei per motivi diversi a motivo del quale la ritengo una ricorrenza falsata.

La Sinistra li vede come i novelli nazisti per come si comportano con i palestinesi nella striscia di Gaza e tutto viene ammantato come odio verso chi ha il potere economico nelle mani di pochi a scapito dei molti lavoratori.

Non per nulla vengono spesso demonizzati Soros e Rotschild di origine ebraica dimenticando che anche i cristiani, nel corso del tempo, hanno fatto discreti casini.

La Destra, questo antisemitismo lo ha nel Dna ed è il retaggio delle leggi razziali del 1938 che, come affermò Renzo de Felice – il maggior studioso del fascismo in quota marxista – iniziò ad essere l’incipit della perdita del consenso strepitoso del Ventennio dato che, per quel che penso io, gli italiani non sono razzisti, non vogliono semplicemente rotture di scatole a casa propria.

Perché l’80% degli italiani sono proprietari di casa e quindi qualsiasi cosa che implichi minaccia dei loro averi comporta una reazione scomposta e spesso terribile.

Se poi si aggiungono pensatori come Evola e Massimo Scaligero che erano razzisti spirituali, non biologici, nei confronti degli ebrei, capite bene che la questione si fa un tantino difficile perché viene sdoganato un alibi al massacro perpetuato.

Ma questa partecipazione dura solo un giorno e il successivo si riparte con un antisemitismo di fondo e latente che non raggiungerà mai i livelli olimpionici dei francesi, non dei tedeschi che appaiono veramente pentiti.

Su tutto i social che, in questo caso, hanno invece un loro valore come guardiani ed informatori delle libertà calpestate, tanto che – al contrario dei soliti – ritengo inverosimile che uno schifo del genere possa accadere nuovamente perché i social creerebbero un moto di feroce indignazione.

È una memoria funzionale ed emozionale per catturare un like sulla frase ad effetto, ma che ha la valenza di una parola scritta nel vento e per questo invisibile.

Pochi penso che abbiano letto Primo Levi, ancor meno Tu passerai per il camino di Pappalettera (Mursia), ma hanno solo estrapolato frasi che non rimangono però incise nel cuore di ognuno a perenne monito della cattiveria umana e dove può arrivare.

In una delle camere a gas del lager citato è inciso sui muri con le unghie: Dio, perché mi fai questo?

Una frase inquietante e di profonda delusione che sfocia nella illusione che a Dio stava a cuore il popolo ebraico, quando personalmente ho leggere perplessità.

Aggiungiamo anche che nel giorno della memoria l’attenzione è posta solo ed esclusivamente sul popolo ebraico e quindi – per i detrattori di destra e di sinistra – un motivo in più per averli in sostanziale odio in quanto entrambi gli schieramenti avversari ritengono che sia stato monopolizzato da essi il dolore.

Perché si rammenta a noi stessi che furono gasati polacchi (razza inferiore al pari degli ebrei), handicappati, zingari, omosessuali e via dicendo.

Non sono d’accordo che il razzismo viaggi di pari passo con l’ignoranza e il non sapere, ma ha origini più antiche e consiste quando l’interlocutore ritiene straniero con chi si interfaccia e non capendo cosa dice o come si comporta.

Un deficit intellettivo preoccupante.

Paradossalmente anche un sommelier è un razzista nei confronti di chi beve vino non percependo con esattezza i profumi e i sapori sbagliando agli occhi dello specialista che lo guarda con intimo disgusto.

È quindi un atteggiamento mentale psicotico e non culturale perché avere paura – per qualche recondito motivo – dell’altro fa capire che per prima cosa si ha paura di se stessi non conoscendo il proprio io.

La via dello spirito è funzionale alla saggezza che viene a mancare e quindi non si è pronti all’altro perché non si lavora su noi stessi per mancanza di coraggio.

Viene svilito quindi il concetto evangelico di uguaglianza avanti a Dio nel momento in cui l’altro viene visto come pericolo (gli omofobi imperversano a tutto tondo) o come tradizione di odio come nel caso in esame.

Andre Gide (1869-1951 e premio Nobel per la letteratura nel 1947) ebbe ad affermare: “Meno è intelligente il bianco, più gli sembra che sia stupido il negro”.

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