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I colori e i paesaggi del mondo nelle fotografia di Marco Divitini

Esperto della tecnica a infrarosso, nella Valle dei templi un’esperienza unica: “La realtà era diventata tutto a un tratto magica”

Bresciano di nascita, teramano di adozione, siciliano per vocazione. Marco Divitini è un artista che da 40 anni ha dedicato il suo estro alla fotografia. Personaggio eclettico ha partecipato a numerosissime mostre molte delle quali in Sicilia che lo ha nominato cittadino onorario.

Fotografo da lunghi anni affermato, ma quando è nata la sua passione per la fotografia?

“La mia passione per la fotografia è nata tra i 18 e i 19 anni. Avendo fatto scuola d’arte mi piacevano i colori, il figurato e poi la parte paesaggistica. Entrando nel mondo fotografico ho fatto un corso alla Kodak a Roma: così sono diventato fotografo, a ventiquattro anni. Era il lontano 1984”.

Ha viaggiato per lungo e largo nel mondo. Ha trovato differenze tra i colori che si percepiscono nell’emisfero australe rispetto al nostro?

“Sono stato in vari paesi, di entrambi gli emisferi, come India, Africa, Australia, Nepal, Perù, Islanda… e posso garantirvi che tutto dipende dal momento e soprattutto dalle differenti stagioni. Non c’è una differenza netta tra le due parti del globo anche se, nel centro dell’Australia, le nubi sembrano così vicine da toccarti, un’atmosfera a dir poco surreale”.

Da qualche tempo è stato nominato cittadino onorario della Sicilia. Cosa emana in più la Sicilia rispetto ad altri posti che ha visitato?

“L’Italia è tutta bella ma dal mio punto di vista la Sicilia è la regione più affascinante al mondo soprattutto dal punto di vista culturale. Ho notato, per esempio, che nella Sicilia interna, anche nei paesi più remoti e poco conosciuti si trovano molte opere d’arte, una realtà che non ho visto in nessun’altra parte al mondo. Ultimamente ho realizzato un servizio fotografico con una splendida modella siciliana (Chiara Pidalà, il suo nome, è la ragazza della foto) che mi ha dato grandi soddisfazioni”.

Lei è un esperto della tecnica dell’infrarosso. Che differenza c’è tra questa tecnica e quella standard?

“Non esiste una tecnica standard e personalmente apprezzo i più svariati stili. Quella che uso principalmente è nata nel 1910 e poi perfezionata nel 1935 per essere utilizzata a scopi militari durante la Seconda guerra mondiale. Con la tecnica dell’infrarosso si ottengono effetti chiaroscurali di grande evocazione onirica, un’immersione tra sogno e realtà. Difatti è una tecnica che consente di riprendere immagini utilizzando uno spettro che va oltre quello della luce visibile”.

Fotografando opere architettoniche dell’antichità, come i ruderi di Taormina e Paestum, si fa un viaggio nella storia della cultura mediterranea. Che sensazioni prova ogni volta nell’eseguire uno scatto in questi posti magici?

“L’emozione è veramente forte. Quando ho realizzato opere con tecnica ad infrarosso nella Valle dei templi mi è successo qualcosa di veramente particolare ed emozionante: in quel momento posso dire di essere entrato in un altro mondo, ho vissuto un’immersione totale nel paesaggio a tal punto da non sentire neanche il cinguettio degli uccellini. La realtà è diventata tutto a un tratto qualcosa di diverso, di più profondo ed estremamente evocativo, qualcosa di magico”.

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