Molto spesso, quando si parla di politica, emergono sempre alcuni problemi legati ai giovani. C’è chi sostiene che questi si disinteressino della politica, altri che se ne interessano pure troppo, mentre altri ancora, una maggioranza a parole, ma minoranza nei fatti, sostengono l’importanza e il ruolo dei giovani.
Per poter capire di più e veramente quello che pensano e fanno di e in politica i giovani ci siamo recati presso l’Università La Sapienza di Roma dove ci siamo incontrati con Filippo Pati, studente al quarto anno presso la Facoltà di Giurisprudenza, Commissario provinciale Forza Italia Giovani Lecce, vice coordinatore regionale Forza Italia Giovani Puglia, responsabile comunicazione Forza Italia Giovani Puglia e responsabile Studenti per le Libertà Sapienza.
Questa è solo la prima di una serie di interviste a giovani studenti che si occupano di politica dentro l’università e nel quotidiano.
Filippo, allora che cosa è per te la politica?
“La politica per me è il rispondere in prima persona al disagio e alle problematiche che si vivono ogni giorno e fornire delle soluzioni. Di fronte a un problema collettivo che si vive in prima persona si sceglie di agire, non solo come elettore, ma come parte attiva. È un impegno e un modo per declinare in maniera diversa la propria cittadinanza”.
Per quale motivo hai iniziato a fare politica?
“Ho iniziato a fare politica perché mi ritenevo insoddisfatto di ciò che accadeva intorno a me. Sono cresciuto in un’epoca di crisi, tutta la nostra infanzia e adolescenza è stata contrassegnata da difficoltà per il nostro Paese e vedevo nella narrazione di tutti i giorni, anche a casa, un forte malcontento. Al che, anche grazie allo stimolo delle discussioni in famiglia, ho recepito quasi un senso di responsabilità nel dover agire, perché sentivo di star subendo quella condizione, oltre ad essere sempre stato trascinato da una grande passione per il dibattito politico e l’attualità”.
Quali sono, secondo te, i compiti della politica e quali spazi ha?
“La politica deve riuscire a indirizzare e incanalare il dibattito pubblico. Di fronte a temi complessi si deve riuscire a dare uniformità ai vari indirizzi della massa. In qualche modo organizzare il dibattito pubblico, questo è il compito della politica, non mutare quelle che sono le istanze della massa, ma darle un contenitore e una forma dove esprimersi”.
Quale apporto possono avere i giovani in politica?
“I movimenti giovanile, in qualsiasi forma, hanno il compito di dovere essere fastidiosi verso la classe dirigente. La maggior parte di questi movimenti, o meglio quelli più rilevanti nel dibattito pubblico, fanno riferimento a una struttura nazionale partitica, di grandi. Il compito primo, del movimento giovanile, è quello di diventare lo scoglio più grande per i loro corrispettivi adulti. Devono diventare la prima sacca di dissenso, il primo giudice dell’azione, perché sono quelli che per primi subiranno le azioni delle politiche odierne e soprattutto hanno dalla loro l’incoscienza di essere giovani, quindi gli può essere perdonato un certo tipo di non istituzionalismo. Dobbiamo sfruttare questa nostra posizione per essere formativi per il partito, anche perché le istanza, in qualsiasi modo declinate, meno conservatrici o per le posizioni stesse o per il modo di fare politica appartengo per forza di cose ai giovani. Motivo per il quale a vent’anni non si è democristiani, ma incendiari”.
Visto che frequenti l’università, ha senso fare politica negli atenei?
“Sì, assolutamente sì. Proprio il mondo universitario, al contrario di altri, si presta ad essere un micro mondo che ripropone le dinamiche del contesto nazionale e locale. Sono centri autonomi con proprie dinamiche e fortemente influenzabili da un dibattito democratico collettivo che in qualche modo rivive l’esigenza di un confronto politico. Tentare di estromettere un certo tipo di attivismo politico dal mondo universitario equivale ad allontanare i giovani dalla discussione dell’attualità. Inevitabilmente le decisioni della politica, anche proprio a livello tecnico, un ministro o una riforma o le discussioni di questi giorni, interessano lo studente. Pensare di tenere la politica fuori dai contesti universitari è assurdo”.
Quali sono, secondo te, le tre priorità che dovrebbero interessare la politica?
“La responsabilità generazionale, intesa nel fatto che bisogna avere contezza di dover sacrificare l’interesse immediato per uno di lungo termine, una sostenibilità delle proprie scelte. Responsabilità nella gestione del potere, non si deve peccare di hybris e pensare di poter indirizzare le masse verso un qualcosa, ma bisogna diventare megafoni di un sentimento che proviene dalla collettività. Non trasformare mai l’avversario politico nel nemico politico, perché si rischia di creare non ideologie, ma tifoserie. Non si riesce, quindi, a tornare sui propri passi su una propria idea perché utile, ma a quel punto diventa una questione di principio”.
Cosa risponderesti che fare politica, a tutti i livelli, non ha senso?
“Risponderei che in qualsiasi contesto la politica la fai comunque. Qualsiasi scelta tu che a un certo punto riguarda il tuo essere all’interno di un gruppo sociale è fare politica. Si confonde fare politica con il professionismo politico e quella è un’aspirazione che puoi e non puoi avere, dipende quello che vuoi fare nella vita. Credere di non fare politica è non aver capito che cosa voglia dire politica nel suo senso più ampio. Qualsiasi azione che si fa all’interno di una collettività è politica. Non puoi non fare politica, inevitabilmente”.