Il tema della sanità sta tenendo banco nel dibattito politico in Umbria ormai da diversi mesi. Governo e opposizione non si sono risparmiati, attaccando e rispondendo su tutto, anche sui punti e sulle virgole. È necessario, però, fare un passo indietro e ricostruire tutta la vicenda per poterla comprenderla al meglio, anche alla luce delle ultime dichiarazioni ufficiali di questi giorni.
Il tema del buco di bilancio della sanità regionale compare per la prima volta, andando a vedere l’archivio delle notizie dell’Assemblea legislativa, il 18 marzo 2025, in una nota del gruppo consiliare del Partito Democratico. All’interno di questa era contenuto la notizia che il precedente governo regionale, a guida centrodestra, aveva lasciato “243 milioni e 500 mila euro di disavanzo, distribuiti nei conti delle aziende sanitarie e ospedaliere dell’Umbria”. A stretto giro erano seguite le dichiarazioni dei consiglieri di maggioranza Ricci (Avs), Simonetti (M5S) e Tagliaferri (Umbria Domani), mostrando preoccupazione per il momento difficile della sanità umbra. Compare per la prima volta, nella nota del consigliere Simonetti, il rischio di un commissariamento della sanità umbra.
La risposta dell’opposizione non si fa attendere. Tutti i consiglieri, in una nota congiunta, sostengono, infatti, come i conti della Regione siano “in linea con il passato” e che “i 240 milioni di euro costituiscono solo un dato parziale, compensato dai 153 milioni positivi”. Nei giorni successivi il dibattito politico è stato caratterizzato da una serie di botta e risposta tra maggioranza e minoranza, dove una parte attaccava l’altra sui metodi e sulla comunicazioni, senza però aggiungere nulla alla questione sanità. Il 20 marzo, una nota del gruppo di Fratelli d’Italia aggiunge un tassello in più alla vicenda. I consiglieri Pace, Giambartolomei e Agabiti, infatti, attaccano la presidente e la maggioranza, sostenendo che, nei cento giorni dall’insediamento non erano state raggiunte le promesse della campagna elettorale, ovvero “le liste d’attesa non sono state azzerate ma raddoppiate”, mentre è in potenza un aumento delle tasse. Andando a vedere l’elenco delle dichiarazioni il governo regionale e i suoi esponenti sembrano presi in contropiede, in quanto la risposta, a differenza di altri casi, arriva solamente il giorno successivo, e non in forma congiunta, ma ogni gruppo per sé, in particolare il Partito Democratico, Umbria Domani e il consigliere cinquestelle Simonetti. I quali sostengono come l’azione dell’opposizione sia solo l’espressione di “una destra nel pallone” che deve nascondere “il fallimento” del governo precedente. A questo punto l’opposizione risponde portando dei numeri, in particolare criticando la giunta regionale di voler usare il bilancio sanitario come cavallo di Troia per poter richiedere, “ai limiti del prelievo forzoso” 322 milioni di euro agli umbri, un aumento pro capite di 500 euro a persona. I consiglieri riportano, inoltre, che ai 153 milioni di attivo non conteggiati ai 243 milioni, lo Stato, tramite i Ministero della Salute e quello dell’Economia, devono ancora inviare alla Regione Umbria 47,5 milioni per il 2025 e 76 per il 2026, rendendo fallace anche il disavanzo di 90 milioni.
Alla nota del centrodestra non c’è risposta da parte della maggioranza negli organi ufficiali della regione. Si passa direttamente alla notizia dell’approvazione, in data 24 marzo 2025, in Prima commissione del disegno di legge “Disposizioni in materia di tributi regionali”. Nel corso della seduta, il vicepresidente della Giunta regionale, Tommaso Bori (PD) ha illustrato come i dati portati dall’opposizione non risultino essere corretti, in quanto è vero che ai 243 milioni ne vanno sottratti 153, ma dei 90 che restano, i tagli del governo centrale non permetteranno il rientro. Situazione che “ha posto la Giunta nell’obbligo di agire, per evitare il rischio commissariamento. Con questo disegno di legge si aumenta già dal 2025 l’addizionale regionale Irpef, ma non per i redditi fino a 15mila euro. Negli altri scaglioni si arriverà all’1,95% fino a 28mila euro, al 2,05 fino a 50mila e a 2,1 oltre i 50mila. Dal 2026 l’Irap aumenterà dello 0,5%, mentre il bollo auto salirà del 10% escluse le categorie esenti”.
A questo punto entra nella storia un altro elemento importante: la relazione commissionata dalla Regione a una società esterna. Nel corso della presentazione del piano per salvaguardare la Regione dal vedersi commissariata la sanità, la presidente Proietti, e poi il vicepresidente Bori, hanno parlato di una relazione e di uno studio sui conti della sanità regionale, commissionato dalla stessa Giunta a una società terza, per poter poi sviluppare un piano. Il problema è che si è parlato di questa assegnazione e studio, e soprattutto della relazione, come di una cosa già avvenuta e letta. In realtà la determina dirigenziale di assegnazione dello studio, al costo di 135 mila euro e, stando a quanto dichiarato dalla stessa Proietti, i risultati saranno disponibili solo a partire dal 30 aprile. Insomma, si è trattato di un autogol clamoroso, fino a quel momento, a livello comunicativo non vi erano stati errori, da parte della Giunta, in un momento molto delicato, in quanto il motivo dell’aumento delle tasse era dovuto al rosso in sanità, certificato da società terza e dal bilancio delle USL, ma il referto di questa società terza ancora, stando a quanto dichiarato, non era disponibile. A questo punto i consiglieri di opposizione si sono domandati e hanno richiesto di vedere lo studio privato sul bilancio, e hanno sollevato anche dei dubbi sul fatto che sia stato assegnato a una società privata quando ogni ente statale ha un ufficio contabile e si può sempre rivolgere alla Corte dei Conti. Dubbi che hanno portato il centrodestra a occupare l’aula fino al giorno della votazione del disegno di legge sui tributi, o almeno fino al momento in cui sarebbe stato reso disponibile la ricerca e un dibattito serio sulla questione aumento tasse. Tutto ciò non è avvenuto. L’occupazione è continuata fino al giorno della seduta, il 10 aprile. Nel corso del question time il vicepresidente Bori ha risposto alla domanda del consigliere Giambartolomei sull’affidamento della ricerca a una società terza, piuttosto che ad Agenas, pubblica e con un costo minore rispetto a u, sostenendo che “le motivazioni alla base della scelta della Giunta riguardano la necessità di un operatore esterno che potesse garantire celermente l’analisi della situazione economica, patrimoniale e finanziaria del sistema sanitario regionale, identificando le macro variabili prioritarie al fine di individuare eventuali aree di inefficienza e inappropriatezza. Un’analisi propedeutica rispetto alle scelte future che l’amministrazione regionale metterà in campo per perseguire i migliori modelli operativi e organizzativi, per migliorare la qualità dei servizi e il rapporto tra costo ed efficacia”. Alla fine della seduta la Disposizione in materia di tributi regionali risulta approvata, con giubilo della maggioranza, che lo definisce un “provvedimento necessario, equo e coraggioso”, mentre la minoranza sostiene che i proventi delle tasse non andranno a sostenere i costi della sanità, ma saranno impegnati in altri campi.
La situazione sembra concludersi con l’approvazione del disegno di legge, ma si sa che in politica le cose, soprattutto quando si tratta di materia fiscale, tengono banco più a lungo. L’opposizione, infatti, aveva fatto richiesta per una mozione di sfiducia nei confronti della presidente di Regione. Mozione che era stata, però, calendarizzata solo dopo la seduta del 10 aprile, per essere precisi è stat messa all’ordine del giorno per la seduta del 29 aprile, venti giorni dopo la richiesta, facendo di fatto perdere il valore e l’effetto che questo atto politico comporta. Ovviamente la sfiducia è stata respinta, ma l’opposizione ha lamentato la scelta dell’ufficio di presidenza di una calendarizzazione che ha penalizzato l’atto.
Dopo questo atto la situazione sembrava aver preso la via della fine, se non fosse che nei giorni scorsi, il 24 maggio, usciva una nota dell’Avvocatura della Regione Umbria, contente la spiegazione sul funzionamento del payback dei dispositivi medici e sulle notizie circolare nei giornali, precisando che “Il payback sui dispositivi medici è un meccanismo di politica sanitaria che, in caso di superamento di un tetto di spesa regionale, impone alle aziende fornitrici di questi dispositivi di contribuire a ripianare parte dello sforamento dei tetti che le Ragioni stanziano per questi prodotti”. Se la nota si fosse fermata a questo e al riportare il caso del Tar del Lazio che ha stabilito che le aziende non possono non pagare il payback e le dichiarazioni del ministro Giorgetti sul tema non ci sarebbe stato nessun problema. Alla fine del documento, però, si trova una parte che riportiamo di seguito: “Infine la Regione comunica che, per contrastare tutte le informazioni fuorvianti e non corrette anche pubblicate, si riserverà di adire le vie legali anche con richiesta di risarcimento per danni a tutela dell’immagine degli amministratori, dell’istituzione regionale e per trasparenza e correttezza nei confronti dei cittadini”.
Frase che ha suscitato la reazione degli addetti ai lavori e dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria, che ha fortemente criticato questa presa di posizione della Regione, sostenendo che “l’Odg prende atto con rammarico che la Regione Umbria si riserva di ‘adire le vie legali anche con richiesta di risarcimento danni’ e ‘per contrastare tutte le informazioni fuorvianti e non corrette anche pubblicate’ in relazione alla diatriba tutta politica e partitica sulla situazione della sanità umbra. L’Odg sottolinea che la categoria svolge le sue funzioni nel rispetto del diritto-dovere di cronaca e nel ruolo di spazio libero di confronto e dibattito nel rispetto delle contrapposte posizioni che le conferisce l’ordinamento”.
Va, dunque, ricordato che i primi due commi dell’articolo 21 della Costituzione italiana recitano queste parole: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Inoltre va ricordato che il diritto di cronaca è un diritto insopprimibile, ovviamente attinente alla realtà sostanziale dei fatti, ma che è tutelato dalla Costituzione, proprio per fare fronte a tentativi di censura o minacce quando si riportano notizie che non piacciono, ma sono vere.