Con la morte di papa Francesco si aprirà il conclave il prossimo 7 maggio e tutta l’opinione pubblica è ovviamente in fermento per sapere chi sarà colui che siederà sul trono di Pietro.
Appartengo a quella nutrita schiera di persone che non ha amato papa Francesco, che mi è sembrato più un amministratore delegato di una organizzazione di beneficenza prezzolata che colui che ha sviscerato il mistero petrino dal momento che non ha assolutamente affrontato il pontificato con gli aspetti teologici che, invece, gli sarebbero stati propri.
Ha nominato ben 108 cardinali su 135 (i restanti nominati da Ratzinger) e questo non depone a favore di un cambiamento di rotta di politica vaticana che sarà tarata solo sull’aspetto sociale, andando a ricalcare la via maestra che ha nella ideologia quasi marxista quell’humus ritenuto necessario per la sopravvivenza della Chiesa stessa.
Non per nulla questo Papa (pace all’anima sua) è stato adorato dai sinistri in maniera incondizionata al punto di andare a perdonargli anche uscite del cavolo come quella della troppa frociaggine nei seminari.
Ratzinger, per molto meno e dopo il discorso di Ratisbona, è stato crocefisso e quasi costretto alla rinuncia al soglio petrino ma tant’è.
Quindi partendo da questo assunto che la stragrande maggioranza dei cardinali è di nomina di papa Francesco, non credo che ci sia la possibilità che venga eletto Papa un “restauratore” perché non ci sono i numeri.
Ma spero di sbagliarmi.
I devoti, quelli non politicizzati sia di destra che di sinistra per opposti e ovvi motivi, si stanno ritrovando senza una guida vera spirituale di un apparato complesso che non deve andarsi a sovrapporre al potere statale, mentre è stato così, spiazzando tutti quelli che volevano uno Stato laico con due poteri ben distinti.
In realtà la richiesta sempre cercata della sinistra di avere due poteri divisi è naufragata amaramente con papa Francesco che ha attuato una politica sociale e non evangelica autoreferenziale e scambiata di sinistra solo perché parlava – almeno quello – in modo schietto, ma è altrettanto vero che non ha trasmesso nessun massaggio di fede come, invece, doveva essere.
Il male che attanaglia la Chiesa nasce dal Concilio Vaticano II in cui la Chiesa stessa si rinnovò e affacciandosi alla politica sociale con relativo sdoganamento delle teologia della liberazione, da cosa ancora non si e’è capito.
San Pio X nel 1907 emanò la Enciclica “Pascendi Dominici Gregis” contro il modernismo della Chiesa (nel 1907!), risultando un profeta inascoltato al pari e per altri motivi di Pier Paolo Pasolini, entrambi visionari.
Questo significa ciò che il magnifico papa Benedetto XVI Ratzinger aveva previsto tra le tante cose poi rivelatesi esatte e cioè da una parte la trasformazione dei preti in assistenti sociali e dall’altra il destino delle Chiesa stessa di ritornare alla fase iniziale di pochi fedeli riuniti nelle catacombe.
E la strada sembra segnata perché Bergoglio di fatto ha smantellato l’intero sistema basato sulla fede in Cristo e per Cristo a favore di una politica sociale simil marxista che, invece, è una teoria economica disastrosa.
In tanti sognano la restaurazione di una Chiesa per pochi fedeli eletti con la nomina di un Papa conservatore, ma ho il legittimo sospetto che ciò non accadrà perché – come detto – i numeri non depongo a favore e i giornali italiani più blasonati augurano la elezione di un Papa che segni la continuità con quello morto da pochi giorni.
E sul punto sembra che un Parolin o Zuppi siano i favoriti rispetto all’ultraconservatore cardinale Sarah della Guinea che in confronto Ratzinger sembra Fabrizio Corona.
Per quanto mi riguarda e per provocazione, spero che vinca il fronte progressista per continuare quell’opera di demolizione iniziata da Bergoglio e che non ha saputo fare argine all’avanzare dell’Islam anche in casa nostra e vi dico anche perché.
Perché l’idea di Dio non può essere oggetto di trattative di mercanti indegni, ma per i pochi eletti che hanno Cristo nel cuore e quindi al di fuori della politica sia di destra che di sinistra.
Rimarrebbero pochi fedeli, ma forti nel loro Credo e da lì partirebbe il vero rinnovamento della Chiesa, dopo la sua demolizione.
Aveva quindi ragione Julius Evola: rimanere in piedi in un mondo di rovine.