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Elezioni regionali in Umbria, ovvero il trionfo della Democrazia Cristiana

Come previsto, alle Regionali ha vinto la Proietti con un risultato schiacciante che lascia poco spazio ai dubbi se non a destra dove è iniziata una profonda riflessione per cercare di capire le cause di una sconfitta annunciata.

Riflessione sintetizzata nella frase è colpa tua non mia.

La Tesei è stata una parentesi di pseudo destra in una regione tradizionalmente rossa, con gli apparati dirigenziali oramai consolidati di sinistra che hanno creato lo scollamento tra potere politico e organo amministrativo con i risultati che si sono visti nelle urne.

Dall’altra la ammirevole bravura della sinistra di trovare un candidato dal nome spendibile e che non ha avuto mai interessamento della magistratura, ma solo dell’Ordine dei Francescani che l’hanno indicata come papabile alla Regione e avendo avuto ragione.

Quindi una Chiesa che ha esercitato il suo potere temporale dapprima indicando un diacono alla guida della sinistra folignate e che ha perso per colpa di un condominio che non è andato a votare, dall’altra il potentissimo ordine Francescano che ha preso la sua rivincita indicando una sostanziale democristiana tramutata in catto-comunista e che ha sbaragliato tutti.

La grande battaglia politica si è consumata sul tema della sanità laddove con maestrìa la sinistra ha saputo far dimenticare all’elettore della sua parte le porcate fatte per sistemare i suoi uomini ai vertici delle Asl o dagli ospedali e attuando una strategia di comunicazione che – complice l’atavico paraocchi dei suoi elettori – ha insistito sul dimezzamento delle liste di attesa e cogliendo nel segno.

L’aver incentrato la campagna elettorale su tale tema è stato, però, un rischio calcolato che, invece, ha portato al successo perché è innegabile che tale parte politica abbia saputo parlare meglio alla pancia degli elettori umbri mentre la Tesei, con un atteggiamento snob al pari dello staff e degli altri candidati, ha fatto capire che non era in grado di porre in essere analoga comunicazione salvifica con un distacco mortificante e per questo punita dalle urne.

Su tutto l’organizzazione partitica collaudata dal collettivo mentre a destra si onora l’individualismo, segno inequivocabile che forse a destra non si aveva un programma in comune come la sinistra, ma la sola voglia di essere eletti per avere un diverso sbocco e più remunerativo posto occupazionale.

Perché questo è il messaggio che è passato.

Un destra che non ha assolutamente proclamato programmi di una destra sociale e appiattendosi su un iper liberismo economico che sta alla destra stessa come Salvini agli immigrati.

Non una parola sulla sanità, poco sull’eolico, poco sul territorio montano, poco di tutto con una spocchia quasi da radical chic di sinistra che, invece, è stata molto più brava perché è falsa su tutto.

Ma questo è accaduto perché l’anima di questa sinistra ha matrice democristiana in cui la DC raccoglieva tante anime di pensiero, un po’ come il campo largo attuale che ha vinto.

Sul punto la debacle ideologica di una sinistra in funzione di ritornare al potere con gente di estrema sinistra in Alleanza Verdi Sinistra che ha visto nella cattolica portavoce dei Francescani la novella Giovanna D’arco contro un sistema fallace basato sulla plutocrazia di questa destra sbiadita.

E invece l’elettore di destra, quella vera che ha studiato Evola, Guenòn, Scaligero, Colazza, a fronte di candidati improbabili e improponibili che si proclamano di destra solo perché in gioventù hanno salutato con il braccio teso non capendo i motivi storici perché lo abbiano fatto, ha preferito non votare o votare il rosso-bruno Marco Rizzo piuttosto che vendersi a logiche partitiche che hanno svilito gli ideali.

Ed è rimasto a casa con buona pace del ruspante Bandecchi, il vero flop stagionale e che spero vivamente torni nel limbo.

Ne consegue che la sovrapposizione di candidati di destra anche in quota Lega – il partito per antonomasia che rinnega il concetto della destra storica – unita al procedere in ordine sparso, ha comportato la sconfitta clericale della Tesei, destinata a tornare a fare l’avvocato se continua in modo così approssimativo a gestire la politica.

Sostanzialmente gli elettori hanno premiato chi ha parlato meglio al popolo e già si erano viste le avvisaglie nelle elezioni a sindaco di Perugia, con una comunicazione da parte di tanti che ha solo sfiorato i temi importanti della politica regionale e illudendo l’elettore su un cambiamento epocale.

Un cambiamento che non c’è stato con la Tesei e che non ci sarà con la democristiana Proietti che restaurerà il vecchio sistema partitico di sinistra dopo l’inconcludente perentesi Montefalchese.

La vera vittoria non è della Proietti, ma della Chiesa democristiana.

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