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Critica alla Ragione Pura

È anche il titolo dell’opera di maggior successo di Immanuel Kant.

È in pratica un trattato che sancisce un nuovo approccio al problema tra soggetto conoscente e cosa conosciuta che sfocia, come diceva l’immenso Kant, nell’idealismo trascendentale.

Fatto questo incipit, necessario per affrontare la questione di cui parlerò appresso, ritengo che il noto filosofo tedesco (1724-1804) sia stato un precursore dei tempi di critica ad un sistema imperante per offrire all’uomo, i mezzi per ragionare sulle cose senza pregiudizi e soprattutto in modo autonomo laddove è stato un profeta inascoltato.

Era il più alto esponente dell’Illuminismo tedesco che poi troverà in Marx la massima espressione, decine di anni dopo, la punta di diamante di una trasformazione dalla filosofia alla sociologia nei termini che ben conosciamo.

La trasformazione degli elementi di analisi critica del se a scapito del come.

La differenza sta tutta lì.

In questi giorni, nell’ambito di un evento organizzato dalla associazione Fa’ la cosa giusta presso Umbria Fiere, si è svolto un incontro dibattito dal titolo: Contro la famiglia. Critica di un’istituzione (anti) sociale, a cura della direttrice della rivista radical chic di nicchia Micromega.

Leggendo il programma di tale manifestazione tesa al consumo consapevole, due parole che non vogliono dire una mazza, si evince che la manifestazione sembra quasi un sottoprodotto del Festival de l’Unità degli anni ‘70 del secolo scorso laddove, però, là si parlava di livelli occupazionali e del giusto salario, oggi si parla – con uno snobismo imbarazzante – di argomenti che stanno alla sensibilità del popolo come Fabio Volo a Schopenhauer.

E questo accade perché è cambiato radicalmente l’elettore di sinistra: un tempo i braccianti, gli operai e i coltivatori diretti che manifestavano per avere i diritti sociali che al tempo venivano calpestati con una naturalezza imbarazzante e che trovò nello Statuto dei Lavoratori la pietra angolare di una rivoluzione copernicana a difesa dei lavoratori (laddove la sinistra tolse il famigerato articolo18 nel silenzio dei sindacati), agli elettori di oggi altamente scolarizzati che sono di tale area politica dall’alto della loro agiatezza economica e che hanno sposato quest’ideale sulla base di un’intima obiezione di coscienza di appartenere alla upper class benpensante, ma volendo sentirsi partecipi a lotte pseudo sindacali di facciata per spurgarsi l’anima nell’essere ricchi.

In pratica di una sinistra attuale plutocratica per sensi di colpa.

Così ne escono fuori conferenze, come dal titolo sopra citato, che sono la chiave di lettura di uno scollamento tra l’elettore potenzialmente della sinistra operaia verace e questi snob dalla erre moscia che l’operaio e l’immigrato lo hanno visto solo in foto.

Ora, il discorso nasce da lontano e in casa nostra da Gramsci per il quale la famiglia era solo prevaricazione, ma ben più pregnante e attuale era la definizione di famiglia di Julius Evola che la definiva non una società naturale, ma qualcosa di eroico e, quindi, avendo capito tutto.

In forza di ciò il programma di distruzione di tutto ciò che simboleggia la prevaricazione che si deve abbattere, in primo luogo la famiglia e il patriarcato non capendo che, come affermava secoli fa Platone, la famiglia – su cui si basava il modello della πόλις, (“città” in greco antico) – era una organizzazione permeata di mutuo aiuto economico e non esclusivamente sul sentimento e quindi come parametro della πόλις stessa.

Nel IV secolo avanti Cristo si era già avanti con Platone nell’indagine sociologica a testimonianza che i filosofi greci già avevano detto tutto e chi si è susseguito ha solo imitato i pensieri di costoro senza dover ricorrere alla intelligenza artificiale.

Poi la nascita di Cristo ha fatto il resto con una visione nuova e ritornando al sentimento che, invece, si vuole distruggere in funzione della produttività lavorativa.

In pratica la sinistra è venuta allo scoperto e sta rivelando il vero volto agli occhi di tanti, compreso un antisemitismo cattivo che in confronto quelli di CasaPound sembrano boy scout.

Si vuole demonizzare la famiglia come centro di potere anziché adeguarla al sistema attuale basato sul mutuo aiuto sentimentale senza svilirla evitando di far assurgere il pater familias a ultimo esempio di un fascismo latente in seno ad essa. In realtà Massimo Recalcati (di sinistra) sancisce che la perdita del valore della parola del padre e il conseguente tramonto del logos (λόγος) che ha portato alla crisi della famiglia stessa con il risultato che i figli non hanno più un punto di riferimento e sono sostanzialmente degli sbandati al punto che i dati Istat sanciscono che il 47% degli adolescenti hanno un potenziale disturbo della personalità o sono depressi e ansiosi con vistosi episodi di autolesionismo.

E questo proprio perché non hanno più parametri educativi che maldestramente si fanno passare come patriarcato.

Ora se da una parte Pitagora ebbe a dire educa il bambino e non punirai l’uomo, dall’altra non si capisce, se non per una cronica mancanza di accortezza intellettiva autonoma auspicata da Kant, i motivi per cui si debba andare a colpire la massima istituzione sociale se non per ottenere il voto di quattro disadattati che non hanno fatto pace intima con i genitori preferendo abbattere il sistema che ricorrere – semmai – alla psicoanalisi.

Accade perché, nel popolo Italiano tarato sulla fretta e sul profitto calvinista, si preferisce eliminare il problema che piuttosto che trovare la soluzione confacente per tutti senza farsi tante domande e ammantando il tutto come fascismo inteso come privazione di libertà e prevaricazione fonetica (del padre) sull’altro che è debole (il figlio).

Demonizzando la famiglia si rendono deboli tutti e segnando il tramonto dell’occidente.

Aveva ragione Ennio Flaiano: I fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti.

Un genio.

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